Il fascino dello zafferano, spesso definito anche «oro rosso» per il suo colore intenso, risale al profondo Medioevo. «Lo zafferano è una spezia mitica», dice Bernard de Preux, «gli si attribuiscono effetti medici, culinari e addirittura spirituali.» Non a caso lo utilizzavano i monaci buddhisti per tingere le loro tonache, mentre gli imperatori romani lo aggiungevano al bagno come euforizzante. Ma come è arrivato de Preux all'idea folle di coltivare personalmente lo zafferano proprio nel Vallese?
Viaggio di ricognizione in Marocco
È nato tutto per caso. «Rovistando fra le carte di famiglia, ho trovato casualmente il documento di acquisto di una ‹safranière› dell’anno 1647», racconta de Preux. Dopo altre ricerche, scoprì che la parcella era ancora di proprietà della famiglia. Una zia ricordava ancora la «safranière», che ormai da tempo aveva ceduto il passo alla diffusa coltivazione della vite. de Preux si è sentito sempre più attirato.
Per scoprirne di più ha contattato quindi Jean-Marc Pillet, un botanico che già nel 1988 aveva ripiantato lo zafferano sulle colline di Martigny. Da lui, de Preuz ha saputo che il clima del Vallese è perfetto per lo zafferano: un terreno asciutto, nel quale l’acqua defluisce bene cosicché i bulbi non ammuffiscono, l’alternanza fra giornate calde e notti fredde e, naturalmente, sole a sufficienza. Pieno di voglia di fare, de Preux si è recato in Marocco, per acquistare gli esclusivi bulbi di crocus direttamente sul posto. Alla fine, nella stagione 2014, ha potuto avviare la coltivazione.
Amici del «Crocus sativus»
Allora come oggi, lo zafferano è considerato una rarità. «È incredibile quanti fiori servano», racconta de Preux. «Circa 150 000 per ottenere solo un chilo di stimmi essiccati!» Si sbaglia quindi chi crede che l’«oro rosso» abbia fatto di de Preux un uomo ricco. «Non riesco a coltivare zafferano a sufficienza per poterlo vendere sul mercato», commenta de Preux ridendo. «Lo condivido con i miei familiari e i miei amici.»